Toscana… a fagiolo!

Un tesoro di gusto dalla cucina popolare

La Toscana vanta innumerevoli tesori di arte, natura e gastronomia: e fra questi, naturalmente ci sono i fagioli!
Sono davvero tantissime le varietà tipiche locali, dal fagiolo zolfino alla fava del Valdarno; e dopotutto, la filastrocca “Fiorentin mangia fagioli, lecca piatti e ramaioli” doveva avere il suo fondamento..!

Il papa, l’Imperatore e i fagioli di Firenze

Forse oggi è difficile immaginarlo, ma la gran parte delle varietà di fagioli che consumiamo oggi è arrivata nel nostro Paese solo dopo la scoperta dell’America; proprio come i pomodori!

I fagioli coltivati nell’antichità erano i piccoli fagioli dall’occhio, e non godevano della stessa popolarità di piselli, fave, lenticchie o ceci.
Il successo dei fagioli d’oltremare fu assicurato non solo dalla loro resa molto più abbondante rispetto ai fagioli dall’occhio, ma anche da un sapore e una buccia più delicati, subito apprezzati e impiegati in moltissime ricette.

A proposito di come i “nuovi” fagioli siano giunti in Toscana, la tradizione vuole che sia stato un papa Medici, Clemente VII, a riceverli dall’Imperatore Carlo V e portarli a Firenze; e dal sedicesimo secolo in poi si diffusero in tutta la Toscana, tanto che già in una nota dei prezzi del Mercato di Firenze del 1850 se ne annoveravano un gran numero di varietà.

Grazie alla loro bontà, al prezzo economico e alla facilità di conservazione, i fagioli e gli altri legumi avevano una parte fondamentale nella dieta dei ceti meno abbienti, tanto da essere definiti “la carne dei poveri”, in contrapposizione alla carne animale (e in particolare alla cacciagione) che per la nobiltà e l’alta borghesia rappresentava uno status symbol.

Oggi sappiamo che, consumati insieme, i legumi e i cereali offrono un profilo nutrizionale completo; ed ecco perché le ricette che li combinano hanno un posto d’onore in nelle cucine tradizionali di tutto il mondo: pasta e fagioli o riso e piselli nel nostro Paese, ma anche riso e lenticchie in India, riso e fagioli nelle Americhe, riso e soia o azuki in Giappone; e la lista potrebbe continuare a lungo.
Altro che piatti poveri..!

I fagioli nella cucina toscana

Sono letteralmente dozzine le varietà di fagioli tipiche della Toscana: si può dire che un tempo ogni angolo della regione avesse le proprie, molte delle quali hanno rischiato di sparire insieme ai piccoli orti domestici.
Molte sono state salvate grazie alla perseveranza dei contadini,che hanno continuato a trasmetterne i semi da una generazione all’altra; e alcune sono diventate Presidio Slow Food.

Fra queste c’è il Fagiolo di Sorana, che prende il nome dalla zona di produzione in provincia di Grosseto. Piccolo e bianco, dai riflessi color perla, ha una buccia sottilissima che con la cottura diventa quasi impercettibile, rendendolo cremoso e delicato. È il più adatto a preparare uno dei più caratteristici fra i piatti tipici toscani, i fagioli al fiasco: cotti a lungo in un fiasco spagliato, sotto la cenere ancora calda del camino.

Presidio Slow Food è anche il Fagiolo Zolfino, detto anche “fagiolo del cento” perché va seminato il centesimo giorno dell’anno; denso e cremoso come burro, ma dalla coltivazione capricciosa perché mal sopporta il minimo ristagno d’acqua, tanto da essere coltivato di preferenza nei terreni poveri e asciutti delle colline, sotto gli olivi.

E poi il Fagiolo Rosso di Lucca, dal sapore deciso ma dalla polpa morbida, perfetto per i piatti tradizionali lucchesi come la minestra di farro, la zuppa alla frantoiana e naturalmente la pasta e fagioli.

Per preparare due fra i piatti toscani più amati, però, bastano i più diffusi fagioli cannellini; si tratta dei fagioli all’uccellina e dell’amatissima ribollita.
Entrambe le ricette compaiono nella celebre raccolta di Pellegrino Artusi, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”; ed ecco qui di seguito la ricetta così come l’aveva pubblicata alla fine dell’800.

(...naturalmente, le ricette dell’Artusi prevedono di partire dai fagioli secchi, da tenere in ammollo per una notte e poi lessare; ma per averli già a portata di mano, pronti e teneri al punto giusto, ci sono i cannellini De Rica!) 

Le ricette dell’Artusi

Ricetta n. 384 “Fagiuoli a guisa d’uccellini”



Nelle trattorie di Firenze ho sentito chiamare fagiuoli all'uccelletto i fagiuoli sgranati cucinati così:

Cuoceteli prima nell'acqua e levateli asciutti.
Mettete un tegame al fuoco con l'olio in proporzione e diverse foglie di salvia; quando l'olio grilletta forte buttate giù i fagiuoli e conditeli con sale e pepe.
Fateli soffriggere tanto che tirino l'unto e di quando in quando scuotete il vaso per mescolarli; poi versate sui medesimi un poco di sugo semplice di pomodoro e allorché questo si sarà incorporato, levateli.
Anche i fagiuoli secchi di buccia fine possono servire al caso dopo lessati.

Questi fagiuoli si prestano molto bene per contorno al lesso, se non si vogliono mangiar da soli.

Ricetta n. 58 “Zuppa toscana di magro alla contadina”

Questa zuppa che, per modestia, si fa dare l'epiteto di contadina, sono persuaso che sarà gradita da tutti, anche dai signori, se fatta con la dovuta attenzione.

  • Pane bruno raffermo, di pasta molle, grammi 400. 

  • Fagiuoli bianchi, grammi 300. 

  • Olio, grammi 150. 

  • Acqua, litri due. 

  • Cavolo cappuccio o verzotto, mezza palla di mezzana grandezza. 

  • Cavolo nero, altrettante in volume ed anche più. 

  • Un mazzo di bietola e un poco di pepolino. 

  • Una patata. 

  • Alcune cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a striscie. 

Mettete i fagiuoli al fuoco con l'acqua suddetta unendovi le cotenne.
Già saprete che i fagiuoli vanno messi ad acqua diaccia e se restano in secco vi si aggiunge acqua calda.
Mentre bollono fate un battuto con un quarto di una grossa cipolla e due spicchi d'aglio, due pezzi di sedano lunghi un palmo e un buon pizzico di prezzemolo.
Tritatelo fine, mettetelo al fuoco con l'olio soprindicato e quando avrà preso colore versate nel medesimo gli erbaggi tagliati all'ingrosso, prima i cavoli, poi la bietola e la patata tagliata a tocchetti.
Conditeli con sale e pepe e poi aggiungete sugo di pomodoro o conserva, e se nel bollire restassero alquanto asciutti bagnateli con la broda dei fagiuoli.
Quando questi saranno cotti gettatene una quarta parte, lasciati interi, fra gli erbaggi unendovi le cotenne; gli altri passateli dallo staccio e scioglieteli nella broda, versando anche questa nel vaso dove sono gli erbaggi.
Mescolate, fate bollire ancora un poco e versate ogni cosa nella zuppiera ove avrete già collocato il pane tagliato a fette sottili e copritela per servirla dopo una ventina di minuti.

Questa quantità può bastare per sei persone; è buona calda e meglio diaccia.

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