La storia del pomodoro a Piacenza e dintorni

Una tradizione secolare

Il pomodoro, oggi fra gli ingredienti più importanti della cucina mediterranea, è stato introdotto in Europa nel XVI secolo dagli Spagnoli, che lo importarono dal Nuovo Mondo. Inizialmente era tacciato di essere velenoso per l’uomo; gli alchimisti del Cinquecento lo utilizzavano per preparare pozioni e filtri magici, gli innamorati se ne facevano dono come simbolo di ardente passione, e i più lo consideravano una esotica pianta ornamentale; ma a pochi era venuto in mente di metterlo in tavola.

Presto però l’ingegno culinario delle popolazioni del Mediterraneo trovò il modo di impiegarlo. Nella nostra penisola, in particolare, la coltivazione del pomodoro ha trovato le condizioni ideali partendo dalle terre del Mezzogiorno, che anche grazie all’influenza spagnola e alle condizioni climatiche favorevoli divenne la prima culla del pomodoro italiano.

Le eccellenze del pomodoro di Pachino o di quello coltivato alle pendici del Vesuvio sono ben note; quello che forse non tutti sanno, però, è che anche la pianura che si estende fra Parma e Piacenza ha una lunga tradizione legata al pomodoro, e in particolare al pomodoro da conserva.


La ricerca agricola piacentina: una passione secolare

La produzione di pomodoro da industria nelle province di Parma e Piacenza ha una storia secolare: nel 1912 le imprese che se ne occupavano erano già una decina, e nei decenni successivi la ricerca agricola e l'innovazione tecnologica, applicate alla produzione delle conserve di pomodoro, hanno promosso lo sviluppo delle attività produttive di tutta la regione.

Da ben prima, però, i contadini di queste terre avevano messo a punto un modo per conservare a lungo la bontà dei pomodori raccolti durante l’estate.
Con una tecnica che ricorda quella dello
strattu siciliano, facevano bollire a lungo la passata di pomodoro fino a farne una pasta densa, da lasciar asciugare al sole, e da conservare in pani avvolti nella carta oleata: la cosiddetta conserva nera.

Ma la crescente importanza del pomodoro in cucina portò presto alla ricerca di nuovi metodi di conservazione, sempre più adatti a mantenerne l’aroma e la freschezza.

Fu la scoperta del francese Appert a permettere di sviluppare moderni sistemi di conservazione in vasi di vetro: un colpo di genio che all’epoca valse all’inventore, cuoco e pasticcere un premio messo in palio nientemeno che da Napoleone, in cerca di un modo per sostentare la propria armata durante le lunghe campagne militari.

 

Dai primi frutti di pomodoro con pedigree emiliano allo status di icona nazionale: il viaggio di De Rica nel XX secolo

Dal vaso di vetro si passò presto alla confezione in banda stagnata, pressoché indistruttibile e perfetta per il nascente commercio su larga scala.
Erano maturi i tempi perché il pomodoro partecipasse al boom economico italiano degli anni ‘60.

De Rica, nata a Piacenza nel 1963, riesce ad affermarsi fin da subito tre le più importanti industrie conserviere italiane. Il merito principale, ovviamente, è proprio dei frutti di pomodoro, che portano in tavola più di un secolo di tradizione e ricerca agricola.

Pochi anni dopo, grazie a Carosello e ai cartoni animati con Gatto Silvestro e Titti, De Rica diventa un’icona nazionale, confermandosi, nel corso degli anni, sinonimo di freschezza, sapore e genuinità.

Oggi De Rica fa parte di Casalasco - Società Agricola S.p.A.:  il marchio storico è così ritornato alle origini nelle campagne di Gariga di Podenzano.

E qui la tradizione del pomodoro da conserva continua a evolversi, con la messa a punto di tecniche colturali sempre più sostenibili per l’ambiente e per gli agricoltori, la selezione di nuove varietà di pomodoro e il lancio di nuovi prodotti, come la nostra linea preparata esclusivamente con pomodoro datterino.

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